Come si impara a vendere nella scuola de “Il Padrino”
“Il Padrino”, prima uscita nelle sale americane nel 1972, è una delle opere più riuscite della produzione cinematografica internazionale e tra le poche a vantare contemporaneamente successo di critica (diversi premi Oscar e decine di altri riconoscimenti tra cui l’inserimento al terzo posto nella classifica dei migliori film dell’American Film Institute) e di pubblico (oltre un miliardo di dollari di incasso).
La saga, in tre film, presenta pochi riadattamenti rispetto l’opera originale, il romanzo scritto da Mario Puzo. E tra le più interessanti curiosità c’è proprio la totale assenza di una parola che ci si aspetterebbe di trovare: mafia (la leggenda dice che fu proibita dalla mafia stessa, così come il ritocco dei tratti fisici e caratteriali di alcuni personaggi troppo somiglianti a persone realmente esistenti o esistite…).
Il romanzo, e ancor più il film, sono stati saccheggiati da decine di altre produzioni, soprattutto nella proposta di facili caricature del personaggio interpretato da Marlon Brando, perché quindi non rendergli giustizia riprendendo alcuni famosi brani per trarne insegnamento utile alla nostra attività? Visto che il film è ambientato in America, e lì è particolarmente amato il numero 12 e i suoi sottomultipli (forse perché ricorda le confezioni da 12 dei panini per gli hot-dog e quelle da 6 delle lattine di birra), ecco le dodici più conosciute citazioni de “Il Padrino” che sembrano scritte apposta per la vendita:
1) “Gli farò un’offerta che non potrà rifiutare” (Vito Corleone)
Probabilmente la più famosa delle citazioni del Padrino. A seconda dell’umore la puoi leggere come promessa o come minaccia. Ma il problema, nella vendita, è proprio questo: facciamo troppo spesso offerte che non sono né promesse, né minacce ma illusioni. E l’illusione è tutta del venditore che da bravo segretario mette nero su bianco la sua irresistibile (per lui) proposta, sicuro che andrà a segno. E otto volte su dieci, invece, l’offerta finisce in quell’archivio a forma di contenitore della carta straccia. La nona volta, invece, sarà inoltrata al suo concorrente, quello a cui sperava di soffiare il business di cui era protagonista da anni.
Siamo nel 2013 e la comunicazione è estremamente rapida. Pensi di poter negoziare via posta, come si faceva ai tempi delle carrozze trainate dai cavalli? L’offerta non è negoziazione: l’offerta è la formalizzazione del risultato della negoziazione. Hai capito bene: una formalità. Giusto perché la ISO-900.000.000 del cliente ne prevede l’archiviazione cartacea. Non si negozia con le offerte. L’offerta, così come la maggioranza delle comunicazioni scritte, ha l’antipatico effetto di sembrare l’ultima parola.
La prossima volta che ti accingi a scrivere un’offerta, fatti questa domanda: “E’ una formalità, cioè subito dopo arriverà l’ordine, oppure è solo il riepilogo settimanale dello stadio della vendita a cui sono giunto?”. Se non sei ancora convinto conta tutte le offerte che hai fatto negli ultimi 12 mesi e verifica qual è la percentuale di quelle che sono diventate un ordine.
Don Vito ti direbbe: “Lascia stare il mitra delle offerte facili, prendi il fucile di precisione delle offerte sicure. Fai solo quelle che il cliente non potrà rifiutare” (ora puoi raschiarti la voce e sputare quelle due caramelle che ti fanno somigliare più a un criceto che a Marlon Brando…).
Scopri di più al capitolo “M come Metodo” del mio ebook “L’ABC della Vendita”.
2) “Brucerò all’inferno per proteggerti” (Michael Corleone)
Ti piace dire al cliente “Noi qui”, “Noi lì”, “Noi possiamo”, “Noi faremo”… Magari te lo hanno insegnato o magari lo fai perché ti fa sentire forte. Perché ti identifica come una squadra: l’azienda che rappresenti. “Oh, non sono io che faccio il venditore che la racconta: questo è l’impegno della mia azienda!”. Certo, perché sei sicuro che il cliente riponga più fiducia personale nella mega azienda che in uno dei suoi mille singoli rappresentanti. La mega azienda che non lo fa sentire assolutamente un piccolo insignificante cliente. Quella che non lo mette in attesa per ore al servizio assistenza. Quella che “basta una telefonata e risolviamo il problema”.
A meno che tu non sia il capo di quel “noi”, a meno che tu non abbia il potere, la forza e l’influenza di manovrare quel “noi”, parla sempre in prima persona singolare: io, io, io. “Io mi farò in quattro per risolvere qualunque problema”. “Io mi sbatterò perché lei abbia tutto ciò che le ho promesso”. “Io mi impegnerò per lei”. Lascia stare il “noi”, sei molto più credibile e coinvolgente comunicando il tuo impegno personale: l’impegno dell’uomo. Tu sei la garanzia. Tu sei quello che va oltre le clausole scritte in corpo 5. La relazione personale, per definizione, è tra le persone: tu e il tuo cliente.
Scopri di più al capitolo “U come Unico” del mio ebook “L’ABC della Vendita”.
3) “Sono affari non questioni personali” (Tom Hagen)
Questa è la mia citazione preferita. E non richiede alcun volo metaforico: ricorda di distinguere ciò che è business da ciò che è personale. E il peggior veleno del venditore è il prendere i fallimenti professionali come mazzate personali, atti vandalici alla propria autostima, disgregazione della propria sicurezza. Non mi piace parlare di motivazione e demotivazione, preferisco parlare di fiducia e sfiducia in se stessi. Infatti, quello a cui non ho mai creduto è che l’origine di motivazione e demotivazione siano cause, fattori o comunque avvenimenti esterni.
Purtroppo è il risultato di un processo interno, di una elaborazione, o meglio di una errata elaborazione, che nasce dall’equazione “ho fallito, quindi sono incapace, quindi non sono adatto a questo mestiere”. E le prime due potrebbero anche starci, ma opportunamente aggredite da un auto-esame: “Perché ho fallito?” e “Dove non sono stato capace?”. “Non sono adatto a questo mestiere” la dobbiamo escludere proprio in funzione della volontà a dare una risposta a quelle prime due domande: risposte che rappresentano la nostra capacità di analisi e il nostro impegno a colmare lacune e debolezze. Con questo atteggiamento tutti i fallimenti diventano costruttivi, si trasformano in insegnamenti, ci orientano verso il miglioramento e la crescita, quindi al successo. Chiamalo trial-and-error, chiamalo learn-by-doing, o se preferisci la versione italiana chiamalo “sbagliando si impara”.
L’atteggiamento mentale del perdente è una spirale che si autoalimenta, un prodotto della mente che si impadronisce della volontà. Ed è proprio sulla volontà che devi lavorare per spezzare la catena dell’arrendevolezza e rafforzare la tua resilienza.
Scopri di più al capitolo “Y come Yieldingness (arrendevolezza)” del mio ebook “L’ABC della Vendita”.
4) “A me non me piace la violenza Tommy, sono un uomo d’affari, e il sangue costa troppo” (Virgil Sollozzo)
Ben due riflessioni su questa citazione: le forzature e l’importanza di efficienza ed efficacia nell’attività di vendita. Sulle forzature ho poco da ricordarti: sai bene che sono controproducenti perché ti tolgono ogni nuova possibilità e minano la tua reputazione (alla gente piace più criticare e creare referenze negative che spargere buone raccomandazioni).
Sull’efficacia, invece, ci sarebbe parecchio da dire. Ogni azione, ogni risorsa spesa (soprattutto il tempo), ogni investimento, devono essere pianificati in funzione del valore che sono potenzialmente in grado di restituirci. E il valore non è l’ordinino immediato, ma tutte le conquiste che ci proiettano in un percorso a lungo termine. Mai porsi come obiettivo un numero: è la peggiore delle limitazioni. L’obiettivo deve essere sempre un progetto, il salto al livello successivo. L’ottimizzazione delle risorse è una vera e propria scienza, conosciuta da quasi un secolo e continuamente aggiornata sino ad oggi.
Scopri di più al capitolo “L come Lean-selling” del mio ebook “L’ABC della Vendita”.
A cura di Ivano Concas
A breve la seconda e terza parte dell’articolo: Come si impara a vendere nella scuola de “Il Padrino – parte II” e Come si impara a vendere nella scuola de “Il Padrino – parte III”.