Quando mi accingo a realizzare una presentazione affronto da subito il problema più grande: iniziare dalla fine, partire dall’arrivo. Ma senza usare il rewind. Un po’ come un romanziere impossibilitato a dare un titolo alla sua opera, prima ancora di averla scritta. Il titolo precede, ma viene scelto alla fine. Immagino una presentazione come un titolo capace in un istante di affascinare, catturare e interessare. Come un ossimoro, la figura retorica che consiste nell’unione di due termini contraddittori riferiti alla medesima entità per ottenere l’effetto di un paradosso apparente, la mia presentazione deve essere comoda fatica, paura tranquilla, eccitante mansuetudine. Mai noia mortale: non è un ossimoro. A chi ascolta, interessa ben poco il percorso logico che ha condotto alla scoperta delle idee. Interessa, piuttosto, capire come quelle idee possono cambiare la sua vita da quel momento in poi.
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Comunicazione, Lavoro
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