3 segreti per comprendere Aristotele
Quando si parla di Aristotele viene in mente la sua metafisica, difficile da capire, o addirittura viene da pensare ai suoi dogmi E’ necessario invece vedere il filosofo in un luce nuova. Il suo ragionare consiste nel considerare il mondo in due divisioni: percezione e concetto. Ciò che dobbiamo capire è che tutto questo non ha niente a che vedere con la realtà del mondo. È solo faccenda nostra. È l’essere dell’uomo che scinde in due la realtà che è invece, per natura, unitaria. La percezione e il concetto sono due modi parziali di conoscere il mondo. Non sono due realtà diverse. Perchè dunque è necessario spaccare il nostro mondo in due? La risposta è semplice: per dare importanza al pensare. E diventa forte il pensare quando trova i nessi tra le cose e a riscopre l’unità di questo mondo materiale.
Oggi vi è il desiderio dello spirituale che proviene dalla noia di un pensiero diventato schiavo della percezione e per questo così monotono da non dare più gioia e soddisfazione a nessuno. Il grande anelito dell’uomo d’oggi non è quello di smettere di pensare ma di smettere di non pensare per finalmente cominciare a farlo. E se la percezione sensibile ci ha concesso la pigrizia dell’intelletto, la realtà pensante non può che fare il contrario. Perché la ragione è per sua natura creativa, volitiva ed intuitiva. Solo un pensare che si fa sempre più reale e sostanziale nella sua forza d’intuizione e di volontà può introdurre l’uomo nel mondo conoscitivo.
Secondo Aristotele per giungere alla felicità è necessario vivere secondo ragione. Assecondare il desiderio senza moderarlo equivale a contrarre una schiavitù senza soddisfazione, un’illusione di libertà a fronte di un’effettiva dipendenza. La dottrina classica della moderazione (cioé né molto, né troppo poco), considerata in questa prospettiva, non coincide affatto con la rinuncia, ma con la capacità del buon uso delle cose senza con ciò doverne dipendere. L’uomo non può avere tutto: lungi dall’enfatizzare ciò che gli manca, deve orientarsi verso quel che può. Il moderato non rinuncia al futuro, ma sa aderire al presente: è intimo con ciò che è prossimo, non ha smania per ciò che è distante. Smania che scaturisce, spesso, dall’incapacità di apprezzare, custodire, amare quel che ci circonda. In questo caso, la passione dell’oltre, l’eccesso, non è che un modo per sfuggire al peso della realtà. Non è che irresponsabilità. Ecco perché secondo Aristotele, e siamo al secondo trucco, per essere felici ci dobbiamo far guidare dalla ragione.
La moderazione è, dunque, una pratica che si impianta nel tempo e la saggezza scaturisce dall’attenta osservazione delle cose, dalla ricorrenza dei casi, dal bilancio di quel che accade, dall’analisi accurata circa la ragione dei successi e dei fallimenti umani. La moderazione, intesa correttamente, non ha nulla da spartire con l’inibizione del desiderio, ma coincide con una presa di distanza da esso (terzo trucco)”.
A cura di Lucia Balista