Come trarre soddisfazione da un investimento in arte moderna e contemporanea
La prima domanda che un collezionista si deve porre è questa: perchè investire in arte? La risposta più ovvia sarebbe questa: perchè ho intenzione di guadagnarci. Il problema principale è che i ricavi in arte sono difficili. Paragonato ad un investimento finanziario quello in arte può dare soltanto delle plusvalenze, mai degli interessi.
Lo stesso investimento azionario oltre a contemplare le plusvalenze (o minusvalenze, se va male) prevede nella maggior parte dei casi anche un tasso di interesse. Ciò accade quando le aziende quotate in borsa decidono di distribuire, di solito un volta l’anno, la cedola.
Gli investimenti obbligazionari distribuiscono interessi e in certi casi anche una plusvalenza data dall’aumento dei prezzi. Soltanto i titoli di Stato, che sono investimenti di tipo monetario, si limitano a remunerare i risparmiatori con un mero saggio di interesse, senza elargire plusvalenze. La plusvalenza si genera al momento in cui vendiamo qualcosa, sia essa un prodotto finanziario che un lavoro d’arte contemporanea. E’ quindi il guadagno generato dalla differenza tra il prezzo di vendita e quello di acquisto.
In arte non esiste tasso di interesse, semmai un tasso di piacere che consiste nel poter ammirare un’opera nel salotto della propria casa. Non è evidentemente un vantaggio economico, sebbene possa promuovere il benessere della persona. Un titolo azionario non produce di per sé delle sensazioni positive che un bel quadro o un significativo lavoro artistico può invece suscitare. Si tratta di un guadagno non economico ma dello spirito.
Per questo motivo chi acquista oggi un’opera e la vende tra dieci anni allo stesso prezzo incrementato del tasso di inflazione, può dirsi contento. La plusvalenza è uguale a zero, ma almeno ha vissuto per dieci anni a contatto di un’opera di suo gradimento. Riepilogando: il valore totale di un investimento=plusvalenza finanziaria + beneficio estetico.
A cura di Federico Zucchelli