Come capire quando l’amicizia è un vero colpo di fulmine
Credete nell’amicizia a prima vista? Quella in cui bastano i primi minuti di conoscenza per “riconoscere” l’altro, decidere se ci assomiglia e creare o meno un legame con lui? Se la risposta è negativa, forse dovrete cambiare idea.
Una ricerca dell’Ohio State University, poi pubblicata sul Journal of Social and Personal Relationships, documenta attraverso l’osservazione di 164 studenti quel meccanismo di “veloce previsione di ciò che si ha in comune” che caratterizza il primo incontro fra due esseri umani.
Indipendentemente dal sesso dell’altro, uguale o meno al nostro, il cervello si mette infatti al lavoro e analizza in pochissimi minuti gli elementi che contraddistinguono la persona che abbiamo davanti, ce li trasmette e provoca in noi gesti a che a loro volta aiutano l’instaurarsi di un rapporto favorevole.
Questa scoperta, che soltanto in apparenza fa parte dell’esperienza comune, è invece destinata, secondo gli scienziati americani, a “sovvertire” tutto ciò che si era creduto fino a oggi sull’amicizia, da sempre ritenuto un sentimento basato, almeno nei casi migliori, sullo scambio duraturo e su affinità profonde.
Intervistando i propri studenti a distanza di tre, sei e dieci minuti in merito alle loro impressioni sull’individuo appena conosciuto, gli psicologi dell’Ohio University hanno rilevato previsioni sulla possibilità di “diventare amici” che, nove settimane dopo, si sono perlopiù rivelate clamorosamente esatte.
Sul piano tecnico, ciò che avviene quando guardiamo per la prima volta qualcuno che non conosciamo si chiama “frame”, cornice. Noi “incorniciamo” l’interlocutore e, molto in fretta, capiamo se può essere nostro amico oppure no da dettagli come i suoi vestiti, il suo modo di parlare o la sua gestualità.
A questo punto, se la decisione è stata positiva, operiamo un “ancoraggio”, e da quel momento in poi cambiare idea non sarà facile, anche perché detestiamo smentirci. In un certo senso, dunque, i primi dieci minuti – in amicizia come in amore – rappresentano una trappola, perché dopo ciò che faremo a livello cognitivo non è altro che cercare di confermare la nostra prima ipotesi.
Su un unico punto è lecito essere dubbiosi: nove settimane sono davvero sufficienti per parlare di amicizia? Personalmente credo di no, visto che si tratta di un vincolo che può essere davvero verificato soltanto in tempi più lunghi, passando attraverso fasi difficili che mettono alla prova ciò che siamo disposti a fare per l’altro.
Bisogna poi chiarire una volta per tutte che la scelta di un amico non è mai affidata al caso come farebbe pensare il concetto del “colpo di fulmine”. E’ invece guidata da fattori socio-culturali e da desideri molto spesso inconsci.
In psicologia si parla non a caso di “errore fondamentale”: noi abbiamo l’impressione che ogni decisione non sia frutto di un condizionamento esterno, ma dipenda da un totale controllo di noi stessi.
In realtà non è affatto così, poiché le nostre scelte sono influenzate da ciò che ci accade intorno. Anche quando si parla d’amicizia.
Voi cosa ne pensate?
A cura di Marina Roveda
Autore di Le Regole dell’Amicizia