Come combattere l’ansia da prestazione
Sai che cos’è l’ansia? È il meccanismo di partenza della paura. È paura di non farcela, di non essere all’altezza. Quindi, se ti chiedo di parlare in pubblico, cosa provi? Certamente ansia, paura del giudizio degli altri, ma anche del giudizio che dai a te stesso. Sei in grado di gestire l’ansia a livello cognitivo? No, perché fa parte del circuito emotivo. Ciò vuol dire, quindi, che hai poca possibilità d’intervenire con la forza di volontà.
Nella scala evolutiva degli esseri viventi l’ansia, in quanto meccanismo deputato alla sopravvivenza, risale alla preistoria dato che appartiene al cervello arcaico. È una risposta all’ambiente in termini di sopravvivenza. L’amigdala è un organo successivo, appartenente all’animale uomo quando è entrato in evoluzione, nei suoi aspetti sociali. Tuttavia, la capacità di sopravvivere all’ambiente era in ogni caso preesistente. È un meccanismo molto antico. Ciò vuol dire che, se cento milioni di anni fa c’era un erbivoro che si trovava a dover fronteggiare un carnivoro, la sua reazione era la fuga.
Per sopravvivere c’è bisogno di qualcosa. Se io sto qui a scrivere, in questo momento il mio livello d’ansia è basso, ma se d’improvviso il palazzo dove abito cominciasse a tremare, che cosa dovrei fare? Avere paura è già qualcosa. Devo sbrigarmi ad adattarmi al nuovo ambiente, devo sopravvivere. La sopravvivenza è la capacità d’adattamento. Mi dico di rilassarmi e di prendere con calma il terremoto? Evidentemente no. Scatta il panico. A questo punto ciascuno di noi, trovandosi nella stessa situazione, deciderebbe di avere panico? Non decidiamo più. A questo punto, percepita la minaccia dell’ambiente, dobbiamo adattarci il più velocemente possibile per sopravvivere. Non c’è cognitivismo qui, è soltanto meccanismo automatico. Non decido. Devo solo reagire rapidamente ed affidarmi ad un meccanismo già cablato.
Imparare a parlare in pubblico è un discorso di nuovo cablaggio. All’inizio sarà molto lento, ma se il circuito è già cablato, sarà molto veloce perché lo so già fare. Quindi, non posso imparare a scappare quando c’è ansia, devo già saperlo fare. A quel punto è un circuito cablato e veloce e prende il sopravvento su quello da cablare che ha una risposta molto lenta. Arriva uno stimolo dall’ambiente. L’ansia è un meccanismo di risposta, non di causa. C’è un leone. Sto facendo formazione in aula e nella stanza irrompe un leone. Che facciamo tutti? Alla vista del felino, alla percezione di un pericolo, come reagiamo? Con calma?
Torniamo alla paura di parlare in pubblico. Devo salire sul palco per fare un discorso. Mentre sto salendo i gradini per raggiungere il palco, mi viene un attacco d’ansia. Sopraggiunge l’ansia, ma dov’è il leone? Cominciano i sintomi derivanti dalla paura. Devo lottare? Il microfono è il mio leone. Il pensiero cognitivo ha sostituito lo stimolo percettivo con uno cognitivo, per cui l’alternativa è diventata: azione o evitamento. Se emotivamente decido di evitare, è il momento in cui dimentico ciò che devo dire, la salivazione è azzerata, le gambe mi tremano. Voglio scappare.
La paura del giudizio è un’ansia molto sociale. Il giudizio non è una minaccia per la mia sopravvivenza biologica. È una minaccia per la mia sopravvivenza psico-emotiva. Se al mio collega non è piaciuto il mio intervento al consiglio d’amministrazione, è una minaccia per la mia sopravvivenza psico-emotiva. Se, invece, a lui è piaciuto ed io sono confermato, sono più tranquillo, meno ansioso. Quindi, il giudizio è legato al fattore ansia e in ogni caso mi fa entrare in due modalità d’azione. Se devo parlare in pubblico, o divento aggressivo oppure vado a parlare e mi dimentico le cose da dire perché anche questo è un sistema di fuga e non di crescita. Più vado verso il palco e più comincio a sudare. Perché? Dov’è il leone? Non siamo al Colosseo. Il problema è che il leone me lo costruisco da solo. Diventa uno stimolo cognitivo.
L’ansioso non dice che gli sta succedendo qualcosa, ma che certo gli succederà. Che cosa accade al nostro amico ansioso man mano che si avvicinerà il momento di salire sul palco? Dice che non ricorda nulla o che non ricorderà nulla di ciò che dovrà dire al microfono? Cosa succede se si proietta avanti la mente? La mente del nostro amico è qui o già sul palco davanti al pubblico? A livello psicologico, il fobico risponde come se fosse già sul palco. All’ansioso manca il “qui ed ora”. La paura si può risolvere. È necessario gestirla cognitivamente. Ma che significa il “qui ed ora”? Vivere il presente. Se vivo nel futuro, vivo sempre in uno stato d’ansia. Il futuro è pieno d’insidie e l’ansioso preferisce evitare le situazioni che nel “futuro” gli porteranno male.
Ti faccio un esempio: mi trovo in campagna davanti ad una staccionata. Voglio saltarla, ma lancio la mente in avanti e prevedo che incespicherò e mi farò male. Che cosa sto facendo? Sto creandomi ansia. L’inconscio vuole proteggermi e mi fa irrigidire i muscoli. Pensando che mi farò male, in questo modo non farò altro che creare la fisiologia del “mi faccio male”. Se invece mi convinco che “ce la posso fare”, carico i muscoli per il salto, non per farmi male. La tendenza primaria è: mi sto preparando a riparare il danno, non per giungere al successo. Devo creare la fisiologia per arrivare al mio traguardo, ma per farlo devo lanciare avanti la mente e come la lancerò sarà fondamentale. Dove poggerò la mente sarà il mio focus e quella diventerà la mia realtà.
A cura di Alberto Lori
Autore di L’Arte del Discorso, Voce da Speaker, L’Arte della Comunicazione, Parla come Mangi, La Formula Vincente per Comunicare in Modo Eccellente, Riequilibra le tue Emozioni, Dalla PNL alla Quantistica.