Come coniugare Calvino e i social network
Partendo dal presupposto che nella comunicazione, come nel resto delle cose della vita, provare non significa necessariamente condividere, ammetto che anch’io sono tra quelli che si sono affacciati da poco a sistemi di comunicazione come Facebook, non privo di molte paure, non senza una contemporanea, piacevole sorpresa.
Ed eccomi qui, avventurato in un Esercizio di stile degno del miglior Queneau, a giungere ad una conclusione che, pur sembrando semplicistica, semplice non è pur essendo possibile.
Operando una trasposizione delle LEZIONI AMERICANE di Italo Calvino dal contenuto della parola alla struttura della frase o al canale di comunicazione, si possono ottenere nuove e avvincenti letture di cui avvalersi per sbarcare ancora una volta il lunario del faticoso mestiere di comunicatore. Ed ecco rivisitate le cinque fondamentali caratteristiche del linguaggio alla luce dei vantaggi che la tecnologia dei social network può fornire loro.
Innanzitutto la VISIBILITA’. Tra le peggiori cose accadute alla comunicazione in questi anni affollati di stimoli, c’è stato il progressivo abbandono della tradizione scritta. Una delle più grandi conquiste nel percorso di emancipazione dell’uomo – il passaggio dalla tradizione orale a quella scritta appunto – si è persa nei meandri del parolismo usa e getta, dei senza se e senza ma con tanti punti esclamativi. Il risultato è stato quello di bambini che scrivevano ha senz’acca e scuola con la Q. Ricordavano a malapena che zuzzurellone è l’ultima parola del vocabolario, ma non sapevano più che soqquadro è l’unica parola che accetta 2 Q.
La MOLTEPLICITA’ è del tutto evidente pensando al “range” di pubblico che puoi raggiungere con un unico sforzo comunicativo e, in questo senso, anche la scelta delle parole chiave cui ti abitua lo scrivere informatico non è da sottovalutare. E se per trovare un nome proprio oggi si fa prima a digitare su un banner una città, un lavoro o un marchio che non a consultare un elenco, poco importa: “C”est la vie”. Meglio molte porte d’accesso con poche file in entrata che un solo portone con lunghe file davanti.
La LEGGEREZZA tanto cara a me come a Calvino, racchiusa nelle mirabili parole delle poesie di Emily Dickinson, è oggi più legata al concetto di durata del pensiero che non a quello del suo peso specifico. In questo senso l’esperienza degli SMS con il relativo abbandono degli avverbi – troppo lunghi e poco funzionali – fino alla riduzione dell’irrinunciabile e maestoso “Perchè” in uno sterile X’, ha indicato la strada a Twitter & Co., sui quali fanno esercizio quotidiano giornalisti di ogni colore e calibro.
La RAPIDITA’ è forse la caratteristica più evidente, grazie all’immediatezza che questi canali di comunicazione offrono all’utente. Un’immediatezza quasi frenetica e compulsiva, comune all’esasperazione dei significati tipica del nostro tempo in cui ogni problema è “tragedia” ed ogni amicizia “amore”; ogni singola gioia deve essere “entusiasmo” ed ogni dispiacere… “dolore”.
Concludo e non concludo perchè secondo me, in tutto questo, a farne le spese è l’ESATTEZZA.
Decenni di lodi sperticate alle lingue anglosassoni che con pochi termini riescono a dire tutto hanno inciso sulla nostra lingua producendo il misero risultato di una serie più o meno strampalata di anglicismi, ma non modificando nulla della precisione di un solo termine. Lorenzo Cherubini, nell’incipit di una delle sue ultime canzoni dice: “Ci sei e non ci sei, proprio come l’aria”. A me piace pensare a questo verso come quando si pensa al significato di una parola, citando Cesare Pavese.
Come la roccia e l’erba,
come terra sei chiusa;
ti sbatti come il mare.
La parola non c’è
che ti può possedere
o fermare. Cogli
come la terra gli urti,
e ne fai vita, fiato
che carezza, silenzio.
Sei riarsa come il mare,
come un frutto di scoglio,
e non dici parole
e nessuno ti parla.
Dedicata a ciò che si vuole, ispirata a non si sa che, io mi dico sicuro che l‘esattezza emozionale disegnata dai contorni di questo frammento di una Poesia del Disamore potrà mai essere racchiusa in un semplice Tweet.
A cura di Roberto Saffirio