Come dare una seconda chance
E’ un dato di fatto: viviamo in una società narcisistica che non tollera smagliature e difetti, dove si è persa la capacità di accomodare, di riparare, di aggiustare le cose. Tutto dev’essere nuovo al punto di accordare le proprie preferenze solo a oggetti intatti e scintillanti. Ma questa capacità andrebbe recuperata e incoraggiata, soprattutto nell’ambito dei rapporti di amicizia.
Il rammendo è un’arte antica e saggia, tanto che il suo alto valore simbolico risale alla mitologia greca. Le tre Moire, divinità artefici del destino degli uomini, erano sarte che con ago, filo e forbici tessevano le sorti della vita. Un mito che è stato ripreso anche nelle fiabe moderne, come La Bella Addormentata nel bosco, dove la felicità della principessa dipende dalle bacchette magiche di tre fate tessitrici, e nell’Ago da rammendo di Hans Christian Andersen.
Buttare via i ricordi, anche se spiacevoli, e allontanare un amico che ci ha fatto del male, non aiuta a riscattare i sentimenti feriti. Ripararli con cura, invece, consente di “fare ammenda” degli sbagli commessi e di perdonarsi certe fragilità. Il primo passo da compiere per guarire, in questi casi, è fare indietreggiare il nostro rancore, senza giudicare gli altri dal dolore che ci provocano, ma dalla loro abilità di riparare gli strappi.
Chi ci ha fatto soffrire ha intaccato il tessuto del rapporto, ma non è detto che la trama sfilacciata non si possa recuperare con un paziente lavoro di ricostruzione (e per rammendo, in questo caso, s’intende la volontà di mettere da parte l’aggressività e il risentimento che ci avvelenano l’esistenza).
Peccato però che quest’arte di riallacciare i legami appartenga solo a chi è adulto, e ha superato brillantemente tutte le tappe della crescita interiore. Chi si rifiuta di crescere, invece, crede che un rapporto che s’incrina sia finito per sempre, e che non ci si possa mettere nessuna “pezza” dopo una lite. Preferisce allora troncare il legame, perché ha paura di “pungersi” con l’ago da rammendo.
Non vuole, cioè, individuare le proprie responsabilità nel fallimento del suo rapporto di amicizia, che è senz’altro un percorso faticoso, ma è anche l’unica via per addomesticare i sensi di colpa e vincerli.
Basta pensare che la capacità di accomodare e risanare in natura è fisiologica: nel corpo umano si realizzano ogni ventiquattr’ore ben 1.300 attività riparatrici contro virus, batteri, tagli ed escoriazioni. Questo dimostra che dopo ogni guerra si può ricostruire.
E tu, hai mai utilizzato lo psico-rammendo per prenderti cura dei tuoi sentimenti feriti? Fammelo sapere con un commento al mio post!
A Cura di Marina Roveda,
Autrice di “Le Regole dell’Amicizia”