Come migliorare l’efficienza degli investimenti finanziari

Finanza Comportamentale - https://www.autostima.net/media/authors/327.jpgPer operare sui mercati finanziari è fondamentale affidarsi a un consulente capace e preparato. Ma potrebbe non bastare, perché non possiamo scalare una montagna se non siamo ben allenati e non disponiamo di un’adeguata attrezzatura. E’ importante quindi avvicinarsi al mondo degli investimenti con un po’ di consapevolezza in più.

Il “risparmiatore consapevole” dovrebbe in sostanza:

1)        Definire il proprio obiettivo d’investimento;

2)        Definire il proprio orizzonte temporale;

3)        Definire la propria propensione al rischio;

4)        Definire la propria strategia di diversificazione e di decorrelazione.

 

Definire il proprio obiettivo d’investimento

Sembra una cosa banale ma non immagini quanti risparmiatori ci siano che non hanno assolutamente idea di come è composto il proprio portafoglio e del perché hanno sottoscritto in passato quel determinato prodotto finanziario. Chiunque decida di effettuare un investimento dovrebbe innanzitutto capire per quale motivo lo sta facendo, fissando degli obiettivi strategici che sono generalmente classificati in tre categorie:

a)        protezione: per chi vuole tutelare il valore iniziale del proprio capitale e dunque presenta una tolleranza al rischio bassa;

b)        reddito: per chi desidera ottenere ritorni dell’investimento il più possibile regolari a fronte di un livello di rischio medio;

c)         crescita: per chi intende incrementare anche notevolmente il valore iniziale del proprio capitale ed è disposto a sopportare un livello di rischio elevato.

Una volta definito l’obiettivo d’investimento, dobbiamo restargli fedele nonostante le variazioni dei mercati possano indurci talvolta a effettuare repentini disinvestimenti: non deve assolutamente essere il mercato a guidare la nostra strategia, né tantomeno la nostra emotività, ma solo la razionale analisi delle nostre esigenze. Inoltre bisognerebbe da subito decidere in che forma effettuare l’investimento, se cioè abbiamo un capitale a disposizione o preferiamo gestire mensilmente una quota da accantonare, attraverso:

a)        un PIC, ossia un piano di investimento di capitale (ad es. con 50 mila euro che ho subito a disposizione);

b)        un PAC, ovvero un piano di accumulo di capitale (ad es. con un versamento di 500 euro al mese).

Con il PAC viene scongiurato il rischio di acquistare al momento sbagliato di mercato o di non acquistare al momento giusto; inoltre nel lungo periodo si possono ottenere guadagni più stabili e contenere il prezzo medio di acquisto, trasformando le fasi apparentemente negative in opportunità, acquistando, con la stessa somma, un numero maggiore di quote ad es. di un fondo comune di investimento.

Nulla ci vieta di adottare contemporaneamente entrambe le soluzioni.

 

Definire il proprio orizzonte temporale

Quando investiamo è fondamentale decidere la durata della strategia finanziaria perché lo scopo finale potrebbe essere diverso. Ad esempio avere della liquidità per mandare i figli all’università, per comprare casa tra una decina d’anni, per integrare la pensione pubblica con una rendita vitalizia privata ecc. Solitamente l’orizzonte temporale può essere di:

a)        Breve termine: da zero a dodici mesi, gli strumenti da utilizzare sono BOT, Pronti contro Termine, Conti di deposito, Fondi monetari;

b)        Medio termine: da uno a cinque anni, adotteremo Obbligazioni governative e corporate, Fondi obbligazionari e bilanciati, Certificati d’investimento;

c)         Lungo termine: oltre i cinque anni, prenderemo in considerazione Azioni e Fondi azionari, Etf su indici, PAC (piani di accumulo) e Piani Pensionistici Individuali (PIP).

Dobbiamo sempre ricordarci, inoltre, che in ciascuna fase della nostra vita le nostre esigenze d’investimento possono mutare e quindi il nostro orizzonte temporale dovrà adattarsi di conseguenza. Negli Stati Uniti utilizzano da anni, soprattutto nei Fondi Pensione americani, il metodo del Life Cycle, ovvero della percentuale della componente azionaria, e quindi di rischio all’interno del proprio portafoglio, che è massima quando l’investitore è giovane e si riduce gradualmente con il passare degli anni; questo, per non trovarsi nel momento in cui si beneficia del capitale accumulato, con investimenti rischiosi che potrebbero compromettere la bontà della strategia iniziale.

 

Definire la propria propensione al rischio

Il rischio è la probabilità che il valore di un investimento risulti differente dalle aspettative. Normalmente gli investimenti più redditizi, come quelli sul mercato azionario, sono anche i più rischiosi. Il maggiore rendimento, infatti, dovrebbe compensare il maggiore rischio sostenuto. Attenzione: bisogna aver chiaro il fatto che non esistono investimenti completamente privi di rischio, perché questo è il prezzo da pagare se si vuole vedere crescere il valore del proprio capitale. Se è vero che non c’è rendimento senza rischio, è anche vero che ogni investitore è disposto ad accettarlo in misura diversa. La propensione al rischio non è determinata solo da esigenze di tipo finanziario (obiettivi di breve termine contro obiettivi di lungo), ma anche da una predisposizione di tipo psicologico e caratteriale. Non tutti, infatti, sanno mantenere i nervi saldi di fronte al “saliscendi” quotidiano dei mercati e al conseguente impatto di breve periodo sul valore del proprio capitale. La domanda da porsi quindi non è come evitare il rischio, bensì come riuscire a gestirlo individuando il giusto equilibrio che ci soddisfi in termini di rendimento atteso: in sostanza capire esattamente quale può essere la nostra reale tolleranza alla perdita.

Definire la propria strategia di diversificazione e decorrelazione (o correlazione inversa)

Diversificare i propri investimenti è una vera e propria regola d’oro quando si costruisce un portafoglio. Concentrare tutto il patrimonio su un unico mercato o strumento finanziario, infatti, è rischioso nella misura in cui si rimane eccessivamente legati alle sorti di quest’ultimo. Con la bolla tecnologica del 2000 ci sono stati purtroppo tantissimi investitori (sicuramente anche perché malconsigliati) che hanno concentrato tutto il loro patrimonio sui famigerati titoli internet, con risultati disastrosi che si ricordano ancor oggi. Diversificare non significa solamente acquistare titoli di società differenti, ma anche di diversi settori o aree geografiche. Inoltre è buona cosa avere all’interno del proprio portafoglio strumenti decorrelati, ovvero titoli che si muovono in maniera opposta e hanno quindi una correlazione inversa tra loro: un esempio in questo senso, nella crisi del 2008 dei mutui subprime, è stato il gestore di un fondo bilanciato internazionale che ha utilizzato azioni aurifere e minerarie come componente di difesa (l’oro viene spesso considerato come bene rifugio in momenti di crisi), azioni che sono state le uniche a salire in mezzo alle discese repentine di tutti gli altri settori, dai bancari agli energetici.

 

a cura di Luca Moro autore di Finanza Comportamentale

Pubblicato il: 6 Marzo 2014