Come progettare felicità per migliorare i risultati aziendali
Può darsi che qualcuno prima di “come” sia portato a chiedersi “perché” progettare felicità.
La risposta è insita nella natura stessa dell’essere umano, impegnato a conseguire, fin dal primo vagito, uno stato di “appagamento generale che include un insieme di elementi della vita: dalla salute alle relazioni interpersonali, dal tempo libero al lavoro, dalla vita familiare all’autorealizzazione” .
Per una persona adulta – tenuto conto della percentuale di tempo che occupa – è evidente che gran parte della soddisfazione deriva dalla qualità dell’ambiente lavorativo. Il tipo e la varietà dell’attività, la possibilità di apprendere, accrescere le competenze ed effettuare scelte autonome, il clima relazionale in particolare con il superiore diretto, sono tutti aspetti in grado di generare uno stato di benessere o, al contrario, rappresentare significativi fattori di stress.
Ne consegue che per le imprese mettere sempre più al centro la “persona e il suo benessere” non è più solo un doveroso impegno etico, ma rappresenta anche il vero fattore critico per competere con successo nel mercato. Infatti, persone motivate e partecipi degli obiettivi aziendali esprimono qualità, capacità di problem solving e apportano innovazione in modo proattivo contribuendo a generare un reale e duraturo valore del business.
Considerare il „”attore felicità” come un vero e proprio progetto strategico significa adottare un insieme di “tools” che possono favorire un approccio sistemico al tema del BenEssere nel contesto lavorativo, ponendo la dovuta attenzione all’impatto di tutte le scelte che favoriscono questa condizione e superando l’erronea convinzione che le persone siano motivate esclusivamente dagli incentivi economici.
Come ho avuto modo di verificare quasi sempre con i miei clienti, il “progetto felicità” non richiede consistenti investimenti economici ma una differente “visione” dell’insieme organizzativo. Spesso si tratta di utilizzare in modo non burocratico quei processi che le disposizioni di legge obbligano ad adottare come, ad esempio, le procedure legate alla salute e sicurezza o quelle per la certificazione della qualità di prodotti o servizi.
Un investimento vero e proprio è invece quello che riguarda tutte le iniziative che possono favorire l’armonizzazione del tempo dedicato al lavoro con quello cosiddetto “libero” e che permettono di allentare lo stress legato agli impegni familiari fruendo di servizi predisposti dall’azienda.
Soprattutto è importante avviare un processo culturale che vede nei responsabili di risorse umane gli attori principali – con l’obiettivo di rendere l’ambiente di lavoro un luogo dove recarsi con piacere, che offra stimoli e occasioni di valorizzazione delle capacità di ognuno per raggiungere uno scopo comune.
Un’utopia? No, molte aziende di successo anche in questo periodo di grande difficoltà generale hanno impostato le loro politiche proprio su questi principi e i buoni risultati sono evidenti.
Quindi: yes, we can!
A cura di Bruna Ferrarese