Come utilizzare al meglio la propria voce

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Una sala buia. Un leggio. Un cono di luce illumina la pagina di un libro. Una voce legge un brano del libro… ed è subito spettacolo. Quella voce, di volta in volta grintosa e piena di mordente, morbida e calda, grottesca e ironica, rotta e drammatica, neutra e fredda, modulata e melodiosa, ci prende per mano e ci guida lungo i sentieri poco battuti dell’immaginazione.

Schiavi della televisione, giorno dopo giorno, uccidiamo la fantasia. Affondati nei cuscini di una poltrona o di un divano, restiamo come ipnotizzati davanti allo schermo acceso e subiamo passivamente il bombardamento d’immagini senza poter intervenire a governare il flusso emozionale derivato da quelle immagini se non con l’uso del telecomando per cambiare canale o per spegnere l’apparecchio.

La radio è invece pura creatività. Quelle voci disincarnate che ci accarezzano l’orecchio inducono a riflettere e proiettano la mente oltre le frontiere del quotidiano. Il pensiero viaggia nei territori inesplorati della fantasia fino ad approdare in terre sconosciute, in scenari incantati che solo l’immaginazione è in grado di proporre con tale e tanta vivezza. La radio è partecipazione, la televisione, al contrario, la si subisce. Lo spettacolo di una voce che recita un brano di un libro è altrettanto partecipativo.

Quella voce piena di mordente ed espressività è in grado di accendere l’immaginazione dell’ascoltatore e gli restituisce intatta l’autonomia del cervello. Quanto più quella voce senza corpo è coinvolgente tanto più la fantasia così innescata crea immagini, inventa suoni, evoca emozioni, in un film mentale di cui l’ascoltatore è l’unico regista. Naturalmente il prodigio avviene se la voce narrante è calda, modulata, è capace di dare mordente ed espressività alla parola letta, mentre sarebbe soltanto irritante e controproducente una lettura sgrammaticata, monocorde, senza partecipazione.

Con un po’ di buona volontà tutti sono in grado di saper ascoltare, come tutti sono capaci d’imparare a leggere, ma pochi sanno diventare lettori. Allo stesso modo di come tutti possono imparare a suonare uno strumento musicale, ma pochi possiedono il talento di diventare concertisti. Ecco la voce può essere assimilata ad uno strumento musicale. Bisogna imparare a suonarlo.

Per mettere a punto il proprio strumento, innanzitutto, occorre registrare alcune componenti importanti senza le quali la voce non può esprimersi al meglio. Il primo elemento da sistemare è l’uso corretto della respirazione. Se vogliamo farci ascoltare, dovunque ci troviamo, dobbiamo imparare a usare il diaframma. È infatti il diaframma che dà intensità, sonorità alla voce.

Il secondo elemento è la corretta impostazione della voce. Il suono, creato dal fiato che fa entrare in vibrazione le corde vocali, per uscire all’esterno ha bisogno di essere amplificato. Abbiamo diverse camere di risonanza: il cranio, il naso, la gola…, ma non ci deve essere la prevalenza dell’una rispetto alle altre: il timbro che ne scaturirebbe non sarebbe corretto. C’è la necessità di un assoluto bilanciamento delle casse armoniche. Soltanto in questo modo, con il timbro cosiddetto di petto, siamo in grado di avere una voce correttamente impostata, per nulla sforzata e che non si stanca facilmente.

Abbiamo un obiettivo da raggiungere: quello di una voce piena, chiara, sicura. La pienezza si raggiunge con la respirazione e l’impostazione corrette. La chiarezza con una corretta articolazione. La sicurezza, con la conoscenza delle proprie potenzialità e con il lavoro posto in atto per realizzarle.

Nonostante gli sforzi, potremmo ancora non essere soddisfatti della nostra voce. Potrebbero esserci delle disfonie che vorremmo eliminare. Se la nostra voce è troppo sottile, acuta, tremolante, querula, chioccia, intubata, gutturale, nasale, rauca e via dicendo, nessun timore. Se i difetti sono imputabili a cattive abitudini contratte negli anni, esistono esercizi d’ortofonia mirati a superare queste disfonie. Se i problemi sono di natura organica, gli esercizi non sono sufficienti, occorre l’intervento di un foniatra esperto o di un logopedista.

Sistemato il timbro, proprio come uno strumento musicale, è necessario accordare la voce secondo il suono corretto delle vocali e delle consonanti (fonetica) e secondo la corretta pronuncia delle parole italiane (ortoepia). Finalmente il nostro strumento è pronto per essere impiegato. Adesso occorre imparare a suonarlo. Ciò significa diversificare i toni, dare colore e calore alla propria voce, in una parola, imparare a modulare. Le tecniche ci sono, basta acquisirle con l’allenamento.

A cura di Alberto Lori
Autore di Voce da Speaker, L’Arte della Comunicazione, La Formula Vincente per Comunicare in Modo Eccellente, Parla Come Mangi, Riequilibra le Tue EmozioniDalla PNL alla Quantistica

Pubblicato il: 11 Gennaio 2011