Come utilizzare alcune “finezze” con la propria voce
Chiamare per nome contribuisce a creare rapporti. Prova a pensare a come ti senti quando una persona ti chiama per nome (attenzione, nome e non cognome).
Ricordarti, il nome è una dimostrazione di grandissima considerazione e la persona te ne sarà grata. Essere chiamato per nome vuol dire essere un individuo unico; speciale; diverso da tutti gli altri.
In qualunque situazione devi cercare di memorizzare i nomi, anche se ti trovi di fronte ad una platea. Il metodo classico, derivato dalle tecniche di memorizzazione, è quello di associare l’immagine del suono di quel nome ad una particolare della persona.
Ad es., potresti dover memorizzare una persona che si chiama Maria. A me, personalmente, il suono Maria fa venire in mente la marea. Cerca un particolare della persona e rendilo grande o bizzarro.
Ad es. la sua messa in piega: rendila gigantesca; infine, memorizza questa immagine: Maria, con una chioma gigantesca che in mezzo ad un’altissima e agitatissima marea ti chiama dicendo: Maria, Maria, Maria!!! Rendi l’immagine più bizzarra e divertente che puoi. Ti renderai conto che è più semplice farlo che spiegarlo.
In sostituzione, potresti utilizzare i classici cartellini da applicare al vestito ma è una soluzione non sempre praticabile, per cui ti conviene esercitarti nell’abilità di memorizzare.
Suggerire un comando. Se articoli una frase utilizzando un tono discendente, il tuo interlocutore lo percepirà come un comando.
Ciò che siamo invece abituati a fare, invece è l’esatto contrario, utilizziamo un tono ascendente. Ma quando il tono di voce è ascendente le parole si perdono nell’aria.
Tono ascendente = probabile risposta negativa.
Es.: “Mi presteresti la tua auto per favore?” Risposta: “No!”
Tono discendente = comando.
Es.: “Prestami la tua auto per favore!” Risposta: “Ok”
Brividi. Se vuoi far venire i brividi devi far partire la voce dal tronco del tuo corpo e terminare le frasi con un tono discendente.
In questo caso il contenuto delle frasi e la scelta dei vocaboli vanno curati adeguatamente e varieranno a seconda di chi hai di fronte, come sempre, dopo un’attenta calibrazione.
Vocabolario. Le parole non sono altro che delle etichette; più esattamente, sono delle ancore in grado di suscitare, immagini e sensazioni più o meno intense. Ecco perché, a seconda dei casi, puoi scegliere di utilizzare nel tuo linguaggio parole suggestive (che evocano immagini) ogni qual volta sia necessario trasmettere determinate sensazioni.
Se vuoi, ad esempio, suscitare sensualità, non puoi usare una frase tipo: “mi piace baciarti”, perché, oltre ad essere una frase scontata, non evoca molti sensi.
Potresti usare, invece: ”Mi piace assaporare il gusto delle tue labbra sulle mie … mentre sento il tuo respiro … e i nostri occhi si chiudono lentamente”.
Una frase del genere evoca molta sensualità perché coinvolge tutti i sensi e suggerisce immagini chiare e definite, lasciando spazio ad ulteriori elaborazioni dell’immaginazione.
Ti suggerisco, dunque, di creare un tuo bagaglio di vocaboli strategici per ogni situazione da utilizzare sapientemente al fine di indurre determinate sensazioni nel tuo pubblico.
Dizione. Una buona dizione è in grado di catturare l’attenzione per il solo fatto di essere gradevole all’orecchio. Tieni presente però che tutto va calibrato; di conseguenza, se vai a parlare agli abitanti di un paesino di estrema periferia, è probabile che siano più coinvolti da espressioni dialettali piuttosto che da un perfetto italiano. Il segreto è sempre ricalcare.
A cura di di Roberto Palumbo
Autore di Comunicare Emozionando.