Il primo caposaldo per una vera e duratura amicizia
C’è un detto, ormai di utilizzo universale, che dice ” Non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”. Contiene una certa positività, perchè è un invito a non fare del male, a stare fermi. Ma è passivo.
Provate a leggerlo così come espresso nelle sacre scritture e nel greco koinè:
“Tutte le cose che volete gli uomini facciano a voi, praticatele voi per primi”.
E’ diverso, vero?
Ecco il primo segreto per una vera amicizia: l’empatia. Il saper mettersi al posto degli altri. E’ facile verificare se la possediamo meditando su un esempio: vedi una persona che cerca di infilare la ruota dell’auto, perchè ha bucato. E’ buio, piove, fa freddo. Cosa farai?
Se ti viene da pensare: “mi spiace, vedo che sei in difficoltà, ma piove, fa freddo e poi io non ti conosco”, e vai via, non hai vera empatia. Ma se il pensiero è: “ora mi fermo e ti aiuto, perchè vedo la tua difficoltà, che potrebbe essere la mia”, allora hai empatia.
Ti è chiaro il punto? Qualunque cosa tu faccia, quale che sia il tuo lavoro, vedi il tuo prossimo come un potenziale amico, da aiutare. Chi è generoso ed empatico, non sarà mai solo. Potrà contare su un folto gruppo di amici, pronti a dare, a spendersi per lui. Perchè lui lo fa, sempre e per primo.
C’è una grande differenza tra la parola “amico” e “conoscente”. Amico, letteralmente, significa “colui che ama”. Per completare il pensiero, racconto la breve esperienza che segue.
Entro in un bar, e sento un forte vociare: tre individui stanno dicendo a un senegalese “spostati, che puzzi!” Io lo avvicino, gli chiedo “come ti chiami?” e mi presento. Lui mi dice: “come mai sei diverso da questi quì?” ed io gli spiego che sulla terra siamo tutti appartenenti a un solo genere: il genere “UOMO”. Il suo colore è un adattamento alle condizioni climatiche del suo paese, dove il calore del sole deve essere contrastato da una maggiore sudorazione e scambio, per raffreddare il corpo.
Da quel giorno, il senegalese ( si chiama Pitchou” )mi saluta con un sorriso fino alle orecchie, e mi grida “ciao, amico degli africani!”. E prendiamo insieme un caffè. Per lui, io ho fatto una cosa speciale. Per me, si è trattato soltanto di semplice empatia.
A cura di Giancarlo Randone