Come comprendere cos’è il web 3.0 e i possibili scenari cui può condurre (prima parte)
Cos’è il web 3.0? E a quali possibili scenari, anche economici, può condurre?
Per dare una risposta a tali quesiti, si deve ripercorrere a grandi linee l’evoluzione storica di internet (denominato web), individuando tre specifiche fasi.
Internet una volta non esisteva, c’era solo intranet, una rete di collegamento sviluppata negli USA per gestire la complessa macchina bellica, basata sopratutto sull’arsenale atomico. Le soluzioni tecniche adottate in tale contesto, come si verifica per molte applicazioni che hanno origine in ambito militare, furono poi trasferite in sede civile, dando luogo alla nascita e allo sviluppo di quello che viene solitamente denominato web 1.0.
In questa prima fase, si diffonde, sia pur in forma assai più limitata rispetto alla fase attuale, il concetto di utilizzo del web anche in senso commerciale, ma in modo statico. Internet, cioè, è caratterizzato da siti e pagine web statici e consente una scarsa interattività, di solito limitata al navigare tra le pagine stesse, all’invio di email e alla ricerca tramite i motori.
Grosso modo a partire dagli anni ’90, si afferma, invece, una sempre maggior interattività, che caratterizza la seconda fase del web, o di internet, denominata web 2.0, in cui la caratteristica dell’interattività diventa predominante, e tipico esempio ne sono gli attuali social network.
E il web 3.0? È un nuovo sviluppo delle potenzialità di internet che, ovviamente, non possiamo ancora prevedere in tutta la sua portata, ma di cui possiamo già individuare alcune caratteristiche.
Sinora internet si è per lo più basato su software “stupidi”, cioè quei software che non fanno altro che eseguire, meccanicamente e automaticamente, quello che viene loro richiesto. Già da qualche tempo, però, si vanno affermando, online e offline, forme di cosiddetta intelligenza artificiale.
Si tratta di studi, sia teorici che pratici, che dovrebbero poi consentire lo sviluppo di strumenti informatici, soprattutto a livello di software, in grado di riprodurre gli stessi procedimenti della mente umana, senza più limitarsi a funzioni esclusivamente esecutive.
Una tipica caratteristica della mente umana è quella di apprendere dai propri errori, cosa che solitamente un software non fa. Ma già esistono e si stanno sviluppando le cosiddette reti neurali, che consentono al software di apprendere dai propri errori. Ad esempio, si chiede al software di capire da cosa dipenda un fenomeno e di prevederlo, in ambito meteorologico, piuttosto che finanziario.
Seguitemi e, nelle prossime puntate, scopriremo altre innovazioni…
E tu cosa ne pensi? Ti ringrazio per il tuo eventuale commento.
A cura di Gian Piero Turletti
Autore di Progetto Azienda