Le bugie dei bambini (2/2)
Alcuni consigli comportamentali per i genitori possono essere i seguenti:
- Mostrare al bambino scoperto a mentire l’inutilità della bugia e, senza insistere troppo nel rimprovero, indicare schemi comportamentali alternativi meno dannosi.
- Creare un contesto in cui la sincerità sia vista come un valore positivo e premiata.
- Lasciare che il bambino sperimenti l’errore indicandogli dei limiti piuttosto che dei divieti.
- Cercare di ottenere la sua comprensione riguardo alla motivazione di certi divieti necessari. Troppi divieti potrebbero minare lo sviluppo del suo senso critico.
Fino ai nove anni il maggior deterrente è in ogni caso costituito dalla paura della punizione. Questo deterrente scema poi pian piano al maturare della consapevolezza di due fattori principali: il primo è che con l’affinamento della sua tecnica mendace, il bambino comincia a riuscire a farla franca, aumentando la sensazione di controllo sul fenomeno.
Il secondo fattore è legato al fatto che il bambino accetta inizialmente l’insegnamento del genitore che gli indica la bugia come atto riprovevole, ma questo giudizio con il tempo viene a mitigarsi attraverso l’individuazione di bugie “giustificabili” e soprattutto di incongruenze comportamentali da parte dei genitori, a cui capita di farsi “beccare” nel dire loro stessi bugie.
L’evoluzione del rapporto del bambino con la bugia lo porta verso i dieci anni ad aver compreso e accettato la funzione “sociale” del mentire. Lo ha imparato osservando magari il padre che parla continuamente male della suocera e che poi, per quieto vivere, si dimostra gentile quando lei è presente.
A questo punto non è più facile per il genitore punire l’atto del mentire, perché sarebbe costretto a fare una distinzione tra le bugie cosiddette “ecologiche”, che di solito lui stesso viene beccato a dire, e quelle che non lo sono.
Tuttavia sappiamo bene quanto siano diventati bravi i bambini di questa età nel muoversi nei meandri dell’opinabilità, oltre che nell’arte della bugia. A questa età sono diventati più bravi a controllare i diversi aspetti verbali e non, ma soprattutto a riconoscerli nella comunicazione altrui.
Occorre quindi cambiare strategia. Di solito dopo i dieci anni si cerca di fare leva sul concetto di fiducia. Siamo infatti nella pubertà, alle porte dell’adolescenza, in cui diventa forte la necessità di autoaffermazione contro l’autorità imposta dai genitori.
La comunicazione mendace diventa allora uno degli strumenti a disposizione per esprimere la propria identità, per affermare la propria autonomia, per rifiutare l’autorità e i valori provenienti dai genitori, per mitigare il senso di colpa riguardo alla loro ribellione e alla rigidità di certi loro atteggiamenti.
Trovandoci di fronte a un giovane adulto non possiamo esimerci dal fare leva sul suo “nuovo” senso di responsabilità. Il miglior modo è quello di invocare valori come la fiducia, quale fondamento dell’unità di una comunità di adulti in cui diventa vitale potersi fidare gli uni degli altri.
Per riuscire a realizzare tutto ciò in questa fase delicata del ragazzo è fondamentale che il genitore sia in grado di controllare le sue giustificate ansie e di rispettare il crescente bisogno di autonomia, di fiducia e di privacy dei propri figli.
A Cura di Valter Romani
Autore di “Scacco alle Bugie”