Usare il cervello per il proprio piacere. (prima parte)
Credici… puoi sempre fare ciò che ti piace, o farti piacere ciò che fai!
Adoro questa citazione! Perché nonostante si rimanga spesso scettici sulle proprie possibilità di seguire un’indicazione del genere la prima cosa che sì fa, leggendola o sentendoselo dire, è tirare un sospiro di sollievo.
Eeeeeeehhh, magari fosse vero!… dicono quelli a cui la “racconto”.
Niente di nuovo in questo! Descritto molto complicatamente viene fuori così: la frase contiene- ripetuto più volte – l’invito ad un’azione concreta da compiere (fare-farti-fai) che crea resistenza, ma che però è rivolto all’indirizzo che tutti desiderano raggiungere (ciò che piace, piacere) e che inevitabilmente produce il “sospirone”.
Questo mix crea una sorta di conflitto interiore tra due (ipotetiche) parti in cui una parte vuole, sicuramente, raggiungere ciò che considera piacevole, mentre l’altra non vorrebbe compiere azioni diverse da quelle che già compie.
E chi vince il conflitto? Vince sempre il più forte.
La resistenza? No! Vince il contenuto del dialogo (o immagine) interiore.
Già! Perché non è scontato che vinca la resistenza all’azione, soprattutto quando si conoscono alcuni concetti che aiutano nella lotta contro le convinzioni limitanti che sostengono i principi della resistenza.
Cosa c’è da sapere per far sì che sia vero che si può fare ciò che si vuole o farsi piacere ciò che si fa?
C’è da sapere, intanto, che la prima parte (fare ciò che piace) è molto più semplice della seconda… ma non solo.
Voler fare ciò che piace presuppone un progetto (obiettivo) ben formulato, e molto spesso chi “si deve arrendere” nel conflitto interiore sopra citato è colui che, sentendosi soffrire, si pone come obiettivo di non soffrire più… motivo per cui soffre e continuerà a soffrire. Ciò che serve invece, é pensare a ciò che di sicuro ci sarebbe nella propria vita (oggettivamente) quando ci si riterrà felici. Si tratta di un “mentale viaggetto nel futuro” per vedersi realizzato e in possesso delle cose, materialmente raggiungibili, che si è convinti garantiscono la propria felicità.
Tutti sappiamo immaginarci felici con…(ecco! Aggiungete qui quello che vorreste… e sentite se davvero si produce in voi quella felicità che sapreste riconoscere tale)
Per organizzare il proprio corpo ad agire alla volta di ciò che piace, dunque, è necessario impostare un obiettivo ben formulato. Cioè stabilire ciò che si vuole accertandosi che sia: espresso in positivo, misurabile, orientato sulla propria responsabilità e non su gli altri; che mantenga i vantaggi del presente ed infine sia ecologico (ovvero rispetti gli equilibri attualmente presenti nella propria identità).
Per non fare un trattato sulla corretta formulazione di un obiettivo… dato che non è il mio obiettivo in questo articolo vi rimando ai testi, o ai video sugli obiettivi -se non sono già finiti- di Giacomo Bruno.
A questo punto, dopo aver impostato l’obiettivo e aver fatto un saltino nel futuro,
ecco che, tornando allo stato attuale, si percepirà uno stimolo irresistibile per effetto del bel premio che vi attende al raggiungimento di quel traguardo.
Questo “giochino” serve a farvi percepire in anticipo l’emozione premio per aver raggiunto l’obiettivo e a focalizzare la vostra attenzione sulle cose da fare da adesso ad allora, distogliendovi dall’ immaginare le difficoltà che si incontreranno… che a questo punto del percorso servono solo a farvi rinunciare.
In sintesi, per poter fare veramente ciò che piacerebbe fare, bisogna impostare un buon obiettivo, fare un saltino nel futuro per vederlo realizzato, tornare al presente e guardare concretamente – con quel buon motivo per farlo – all’azione da compiere “subito”. In modo tale che il cervello possa attingere e semmai produrre tutte le risorse di cui è in grado di disporre per guidarvi (facendovi agire fisicamente) verso la concreta realizzazione di ciò che vi piacerebbe.
Questo è –in parte – il principio della legge di attrazione: Se penserai all’obiettivo in modo da ritenerlo concreto e raggiungibile, sarà esattamente quello che accadrà.
Fai questo: credici anche se non sai come questo possa avvenire!
Ecco un’utile metafora: considera il tuo cervello come un tassista che può condurti all’indirizzo da te desiderato… anche se tu non conosci la strada, perché il tuo cervello ti condurrà sempre all’indirizzo dei tuoi pensieri…anche se tu non conosci la strada.
Fine prima parte….
A cura di Roland DelVecchio
Autore di “ La bussola di Roly” e “ Lo stato SDV” e “ La Libertà di Raimondo”